Teatro

Corrado Accordino: l'assalto della società ai bambini (s)perduti

Corrado Accordino: l'assalto della società ai bambini (s)perduti

Dall’8 al 27 gennaio, in anteprima nazionale al Teatro Filodrammatici di Milano, è in scena Assalto Ai Bambini – Primo Sguardo, il nuovo testo di Corrado Accordino prodotto dalla compagnia La Danza Immobile. Già regista di due dei migliori spettacoli delle passate stagioni teatrali (Frammenti Di Me - Virginia Woolf e Per Favore Niente Eroi), Corrado mette la sua sensibilità al servizio di un testo toccante, il cui contesto thriller è il realtà un mezzo per gettare uno sguardo approfondito alle dinamiche genitori / figli aggiornate ai tempi di internet, corporation, chat e videogiochi.

Attraverso una messa in scena suggestiva, Corrado Accordino -  sul palco con le brave e convincenti Silvia Ferretti e Silvia Giulia Mendola – non fa sconti e, con rabbia e tenerezza, ci sbatte in faccia tutta la vacuità ed il cinismo (a volte inconsapevole, più spesso di comodo) dei nostri tempi ma soprattutto come tutto ciò alla fine si rifletta sui più innocenti ed incolpevoli dei protagonisti. Ho il piacere di parlare con Corrado proprio il giorno dopo la “prima”, accolta con attenzione e commozione dal pubblico che, a fine spettacolo, ha contribuito con interesse e grande partecipazione all’ incontro con il regista e le attrici.


Qual è stata la “genesi” dello spettacolo e quando e come hai deciso di dare al testo una connotazione thriller ?
L’ idea dello spettacolo nasce dalla riflessione sul mondo che vedo intorno a mia figlia, la quale - come praticamente tutti i suoi coetanei - subisce una strategia di persuasione proveniente dai più vari settori. Di questi, è quello legato alla tecnologia che più ha attirato la mia attenzione e la mia preoccupazione. Accanto a questo primo interesse si è poi aggiunto quello relativo alla tutela dei bambini. Viviamo tempi in cui un bambino che ha problemi, che viene definito “iperattivo”, viene subito affiancato da uno psicologo. Così facendo, in modo automatico, si va a deresponsabilizzare non solo la scuola od il maestro ma anche i genitori. Questo “abbandono” di responsabilità mi ha fatto fermare un attimo e riflettere su quanto i bambini in questi ultimi anni siano in balia di situazioni non facili. Se questo era l' argomento che mi premeva maggiormente, è chiaro che teatralmente dovevo però trovare la soluzione per rendere lo spettacolo interessante e non banale. Dopo vari tentativi ho pensato che quella del thriller fosse la strada giusta. Ho messo in gioco tre personaggi eccessivi, tre mondi affettivi differenti, deviati sicuramente perchè tutti e tre i casi  in scena ( una madre iper-protettiva , una completamente disinteressata e quasi infastidita dai problemi reali della figlia ed un padre immaturo e prevaricante) sono figure genitoriali errate e dannose, ed ho cominciato a tessere una drammaturgia che avesse anche un filo rosso emotivo, di ricerca della verità. Ed ogni volta che si ricerca la verità si mettono inevitabilmente in moto meccanismi di tensione per cui, di fatto, lo sbocco verso il thriller, dopo una prima parte in cui vengono buttati quegli elementi che serviranno nella seconda parte a far salire la tensione, è stata quasi una soluzione naturale.

Il tuo personaggio viene presentato, ad inizio spettacolo, come un adulto superficiale e fondamentalmente non cresciuto. A tuo parere è proprio questo uno dei rischi dell'eccesso di tecnologizzazione, cioè adulti / bambini e bambini cresciuti troppo precocemente e senza punti di riferimento stabili ?
Il tratto di quel personaggio esula in qualche modo da ogni riferimento tecnologico e nasce da una riflessione che è fondamentale per me. Mentre nel secolo scorso, grossomodo dagli anni '50 agli anni '70, il bambino tendeva a voler fare subito parte del mondo degli adulti, oggi vedo un' inversione di tendenza per cui nessuno vuole più diventare grande. C' è questo costante desiderio di gioventù e la televisione, con la sua parata di personaggi plastificati, ha la propria parte di responsabilità e colpe in tutto ciò. Maturare ed invecchiare viene vista come una paura totale. Il mio personaggio è questo, un bambino che non vuole crescere, con l' aggravante di voler imporre la propria non crescita al figlio, quasi obbligandolo, fra le altre cose, a giocare con videogames violentissimi mentre questi ha già una mentalità più matura che lo porta verso i libri. Viviamo in una società che non vuole assolutamente invecchiare e che, così facendo, perde anche il senso della maturità. La maturità è quasi sempre legata, e dovrebbe portare, alla saggezza. Se una società si nega questo passaggio, si nega un passaggio evolutivo fondamentale della natura umana.

Qual è stata quindi, a tuo parere, la molla che ha fatto scattare questo meccanismo perverso ?
Non è una risposta facile da trovare… Penso però che questa continua volontà di restare costantemente bambini sia frutto di un gigantesco equivoco. E’ vero che quella dell'infanzia è un’età di scoperte e di stupori il cui senso non va dimenticato né perso. E’ però giusto che questi eventi restino legati maggiormente a quel periodo. Il sistema complesso della vita deve venire assunto, non è possibile rimandarlo continuamente nel nome di un’ eterna immaturità. Di tutto ciò molte delle responsabilità stanno anche in quello che abbiamo davanti tutti i giorni, in quello che ci viene proposto e che noi spesso non rifiutiamo. Non ci sono più grandi politici o grandi intellettuali e di contro, dall'altra parte, abbiamo star, personaggi televisivi o attori che nemmeno accettano più di invecchiare, fisicamente e mentalmente, anche a rischio del ridicolo. I modelli di ispirazione che ci vengono dati sono il successo, la competizione, l' arrivare per primi, essere sempre all' altezza. Impera l' ideale per cui solo attraverso la violenza e la prevaricazione puoi raggiungere la giustizia, il che è ovviamente ed assolutamente falso. Di fronte a tutto questo, la fragilità – che per la massa, oggi, è quasi da demonizzare -  diventa una virtù, da trattare con delicatezza. Nei pacchi, quando all' interno vi sono dei cristalli o cose altrettanto delicate, sulla confezione c' è scritto “Fragile”. Significa che va maneggiato con attenzione, con cura, perchè all' interno vi sono oggetti preziosi...ecco mi piacerebbe quasi pensare che anche sulle persone, sui bambini, si potesse scrivere “Fragile”, così da obbligare chi li maneggia a prestarvi la stessa cura, la stessa delicatezza che si usa con i cristalli.

Il ruolo di internet, dei videogiochi, delle chat e dei cellulari, pensi sia lo stesso che ha avuto la “cattiva maestra televisione” di Karl Popper e di Pasolini ?
Sicuramente il parallelo ci sta tutto: un certo uso della televisione annebbia la mente e le nuove tecnologie, per la rilevanza che hanno assunto nella nostra società, non hanno fatto altro che clonare quel vuoto mentale. La manipolazione è un argomento enorme e  immaginare oggi una figura che eguagli  Pasolini è impensabile. C'è la paura della profondità, della riflessione, di essere un po' verticali nel pensiero, tutto deve essere superficiale e costantemente di intrattenimento, semplice, banale ed immediato. La massificazione, che negli anni ’80 ad esempio era limitata al modo di vestire ed al linguaggio, oggi è cambiata radicalmente ed è caratterizzata da quel che usiamo durante il giorno e che diventa uno status. Che si chiami I-Pad, notebook o cellulare, il martellamento della tecnologia è costante. Io continuo a difendere le situazioni in cui il pensiero è in perenne movimento, in continua elaborazione, sia che si parli di teatro, letteratura o di qualsiasi altra forma creativa. Nel momento in cui il pensiero si ferma, la persona è gestibile, manipolabile e il passo verso la massificazione è già fatto. E' quasi impossibile oggi pensare ad un' indipendenza. So benissimo che tutti dobbiamo sopravvivere ma è veramente difficile trovare qualcuno che sia fuori dal coro. La televisione e i giornali non lo permettono non perchè censurino i personaggi -  anche se la televisione lo ha fatto ampiamente -  ma semplicemente perchè questi media non dicono niente di nuovo. La ricerca quindi si sposta verso la rete con tutto quel che ne consegue. D’ altro canto il mondo virtuale è un mondo che isola e quel che è preoccupante in questo gioco è che viene esclusa la relazione umana vera e propria. Viene a mancare il rapporto fisico reale, normale. La mancanza di tutto ciò genera la deviazione e quindi ecco fiorire il mercato oscuro di internet che va dalle chat alla pedofilia a tutto un mondo di “non contatto”, temi che volutamente non vado a toccare in questo spettacolo, che è altra cosa, ma che comunque vanno di pari passo con quanto ho portato in scena.

In tutto questo, la voce dei genitori è diventata sostanzialmente un rumore di fondo...
I bambini sono in balia ormai di input costanti. Anche se fortunatamente non è così in tutte le famiglie, la televisione è perennemente accesa e fra telefonini, videogiochi, chat e internet, i bambini ormai sono nell'etere. E’ chiaro che la famiglia come nucleo di protezione e di tutela, di fronte a tutto questo, perde. Quel che è preoccupante è che anche il divertimento del bambino è diventato monetizzabile, è diventato mercato, in un meccanismo ancora più perverso di quanto già non fosse. Da qui il mio attacco alle corporation ed a quel settore specifico chiamato Kid Marketing. Il Kid Marketing esiste relativamente da poco, circa 30 anni. Le menti più creative oggi vengono investite, nelle multinazionali, per trovare espedienti sempre più affascinanti ed attrattivi oppure impiegate nella pubblicità. Ci sono spot di dieci secondi che sono splendidi perchè in quel tempo limitatissimo devono essere seduttivi al massimo. Ovviamente seduttivo per vendere, non per raccontare un qualcosa di nuovo, un altrove, un qualcosa di diverso.Il bambino in tutto questo è diventato un mercato redditizio in modo pazzesco ed una riflessione famigliare su tutto ciò deve essere fatta. Io fatico a capire come alcuni genitori non vogliano essere presenti in quella fascia di età che va dai quattro ai dodici anni, ed anche oltre ovviamente, in cui il bambino recepisce quanto più possibile da tutte le sollecitazioni esterne che riceve. Ci sono tappe nella vita che arrivano in modo naturale, come l’ amore, la gioia, la solitudine, la noia. Non si tratta di dèmoni o di virtù, semplicemente fanno parte della vita e inevitabilmente prima o poi se ne viene a contatto. La noia ad esempio è un tassello fondamentale della formazione di un bambino o di un adolescente. Nella noia si possono immaginare altri mondi, qualcosa di diverso da questo sistema che è palese, nonostante quanto ci venga detto, non funzioni. Se si cerca di escluderla prima o poi questa  arriva in maniera violenta e si finisce col non saperla gestire. La spinta predominante dei genitori è quella di sottoporre il bambino a continue influenze esterne quando invece sarebbe il caso di provare a non darne alcuna. Il bambino o l' adolescente deve annoiarsi poi la sua noia se la gestirà, diventerà creativo, troverà la sua voce ed il suo modo di stare con sé stesso, magari evitando quelli che sono i messaggi imposti dalla massa. Scegliere con la propria testa e non farsi scegliere dagli altri è un altro passaggio importante.

Prima accennavi a bambini nell'etere...è anche per questo che hai scelto di non mostrare bambini durante lo spettacolo ?
Sì, esatto. Lo spettacolo parla di bambini ma in sottrazione od in assenza perchè non siamo più capaci di vederli. Non vedendoli, però, mi sono detto che ci deve essere un momento in cui sentiamo la loro voce. In scena è la voce di una bambina che ha problemi con sé stessa e che però dice alla madre: “Oggi sto meglio. Ti aspetto a casa, cucino io per te”. Nonostante questo avvenga nel momento più drammatico, quando ormai i giochi sono fatti, è un gesto di fiducia ed amore, anche se arriva troppo tardi. Drammaturgicamente era necessario metterla nel momento emotivo più forte, un messaggio di speranza che comunque può arrivare se lo si sa cogliere nel momento giusto.

Portare sul palco, con “Per Favore Niente Eroi”, i personaggi e la scrittura di Raymond Carter ti è servito nella creazione di questo spettacolo ?
Il processo di scrittura di questo lavoro è molto ispirata ad uno stile carveriano. Asciutto, immediato, caustico, crudo. Le caratterizzazioni sono molto dirette, senza fronzoli né orpelli e molto di ciò è nell' asciuttezza di Raymond Carver. Le battute devono essere secche, dire subito quello che pensano i personaggi, senza perifrasi o didascalie. Che è poi quel che penso debba fare il teatro:  dire quello che è l’ oggi, quel che ha davanti, senza troppi abbellimenti. E' chiaro che, come tutti i teatranti, io ami i classici ma mi accorgo che, andando avanti nel mio percorso, sento molto di più l' urgenza di parlare di quel che vedo intorno, della vita. Il teatro è ancora un'isola, benchè di nicchia. Un luogo di ascolto umano dove esiste una relazione, esiste un attore che suda, un vicino di poltrona che respira al tuo stesso ritmo, un luogo fisico dove è presente una dinamica autentica, vera, reale e quindi resta il posto migliore dove rappresentare la realtà.


Da spettatore mi è stato difficile “uscire” da “Assalto Ai Bambini” non solo a fine serata ma anche nei giorni seguenti.  Come sei riuscito, tu che ne sei l' autore, a staccare emotivamente da uno spettacolo così “forte” ed a passare ad eventuali lavori successivi ?
A livello emotivo Assalto Ai Bambini, insieme a Frammenti Di Me su Virginia Woolf e Per Favore Niente Eroi su Carver, è in effetti quello che più mi ha coinvolto come persona, portandomi molto a riflettere. Uno spettacolo del genere, con la mole di lavoro di cui ha necessitato, continui a trascinartelo dietro anche perchè durante la fase di analisi fatta con Silvia Ferretti e Silvia Giulia Mendola, c'è stato uno scambio continuo di fonti e di ricerca interiore. L' argomento poi, come è giusto che sia– o sarebbe giusto che fosse - ,ti porta a proseguire la discussione e le riflessioni anche al di fuori del teatro, parlandone con gli amici o con gli spettatori a fine serata.

È molto forte anche l'idea di far scorrere su un telo, teso fra il pubblico e gli attori, disegni e frasi di bambini. Il risultato e la commistione grafica/musica è suggestivo e spesso disturbante…
Il lavoro grafico di animazione fatto dalla Microfilm Studio è stato eccellente sotto ogni punto di vista. Se poi pensi che frasi quali “Mio padre non sorride” oppure “Vorrei che mia madre mi accarezzasse alla sera ma ogni volta passa , mi dà la buonanotte e spegne la luce”, come tutte quelle che compaiono nello spettacolo, sono purtroppo vere… Mi è capitato di sentirle per caso nel cortile della scuola di mia figlia. L'idea è stata di mettere queste frasi come simbolo del mondo di oggi, dove la verità più è semplice, più non viene ascoltata. I bambini dicono delle verità...bisogna saperli ascoltare.

Stai già pensando al dopo  “Assalto Ai Bambini” ?
Il prossimo lavoro che farò da autore sarà su Mozart. Vorrei affrontare il rapporto fra artista e libertà creativa e su quanto l' artista è realmente libero di essere se stesso, di quanto della propria arte è dato dal gioco della sopravvivenza. Mi sto documentando molto sul personaggio anche se in realtà poi, da qui a Mozart, in mezzo ci sarà ancora Carver.